L’Hashtag – #ilcasoDeSciglio

desciglio

Doveva essere il nuovo Maldini, o quanto meno il nuovo Cabrini. Invece, siccome il Diavolo è nei dettagli e si diverte a fare le cose in rima come nel Faust, si sta lentamente trasformando nel nuovo Antonini. Mattia De Sciglio scivola nel prato di San Siro come Ewan McGregor nel tappeto rosso a casa della Madre Superiora, in Trainspotting; ma i suoi sono tutt’altro che perfect days. Lanciato da Allegri per disperazione nella primavera 2012, promettente fino a diventare titolare nella stagione successiva, nota lietissima insieme a El Shaarawy e poi atteso da infortuni a catena nell’annus horribilis 2013-2014, ora sta – starebbe – benone. Le gambe in effetti girano, sullo scatto e sull’accelerazione DeSci mostra sempre cose importanti: in Milan-Chievo ha risolto quasi da solo uno scabroso 1 vs 3 in favore dei veneti, frenando la corsa di Lazarevic con mestiere e movimenti degni di miglior causa. Ma la testa, il carattere, la garra? Prendiamo a esempio il suo dirimpettaio Abate, che ad agosto era molto più in basso nella nostra Scala della Stima: un Honda davanti, il pepe al sedere causa imminente scadenza contratto e qualche parolina motivazionale di Raiola ed è improvvisamente diventato un signor terzino, sicuramente per rendimento il primo del campionato.

Mentre De Sciglio avrebbe davanti El Shaarawy, che si spolmona molto più del giappo, e sarebbe dunque ultracoperto in caso di avanzata. Dopo la peggior stagione in carriera e l’iniezione di cosiddetto entusiasmo di Inzaghi, dovrebbe avere inoltre una cascata di motivazioni extra sulla testa, oltre che i favori di tutti noi tifosi che – ammettiamolo – gli abbiamo perdonato molto più di quanto abbiamo concesso a un Constant qualsiasi. Invece si comporta da giovane vecchio, schiacciato da misteriose zavorre che i suoi coetanei tedeschi o inglesi non si sognerebbero nemmeno. Fedele al suo zero alla voce “gol in carriera” in 79 presenze tra Milan e Nazionale, di lui si ricordano pochissimi tiri verso la porta (uno a fil di palo contro la Juve nella sera del rigore di Robinho, uno parato a Cesena il mese scorso) e un atteggiamento in campo sempre più da donabbondio, da pretonzolo di campagna che guarda ormai con timore alla linea di metà campo. #ilcasoDeSciglio è esploso in tutta la sua evidenza contro la Fiorentina: pochi secondi dopo che Abate s’era meritato un’ovazione per un recupero su Borja Valero, ha avviato il contropiede viola con un rinvio talmente sghembo, talmente pigro e talmente timoroso che – ebbene sì – ha ricordato i peggiori momenti di Bonera. Da Cuadrado per Ilicic che, complice anche il mancato movimento a salire di uno tra Alex e Zapata (più Zapata che Alex), ha avuto 15 metri abbondanti per prendere la mira e infilare Abbiati con la sua unica arma degna di nota, il sinistro.

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22 anni compiuti da una settimana, De Sciglio non sembra avere l’attitudine di uno che ha appena scoperto gli incommensurabili vantaggi dell’essere un calciatore. Di Santon si diceva che s’era rovinato a fare la bella vita (eufemismo) con Balotelli; di El Shaarawy, lo sapete meglio di noi, si dice anche peggio. Per il timido De Sciglio potrebbe valere l’esatto contrario, come già teorizzato da Massimo Troisi in quel capolavoro di filosofia pragmatica che è Ricomincio da Tre: “Mattia, tu ti devi salvare! Và mmiezz ‘a strada, va a arrubbà, tuocc ‘e femmene…“.

Pubblicato da Giuseppe Pastore

Pugliese, classe 1985, milanista di ferro. Prima partita di cui ho memoria: Milan-Barcellona 4-0. Ammetterete che poteva andarmi peggio. Qui sotto i miei contatti.

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